Per il mio bene-Ema Stockolma.


Per alcuni Ema Stockolma è una voce, quella di Back2Back su Rai Radio 2, per altri una formidabile dj e una commentatrice spumeggiante di grandi eventi musicali, come il Festival di Sanremo e l’Eurovision Song Contest. Per la maggioranza la vincitrice di Pechino Express e la talentuosa ballerina del format di successo di Milly Carlucci Ballando con le Stelle. Proprio questo programma l’ha consacrata come personaggio pubblico e ha avuto il merito di farne conoscere la storia. Eppure di sé aveva parlato, anzi scritto, nella sua autobiografia Per il mio bene.
Un’opera che non è passata inosservata ai lettori più attenti. Ricordiamo che si è aggiudicata il Premio Bancarella nel 2021. Chi è Ema? Il suo è lo pseudonimo di Morwen Moguerou. La tipica “erre” ne denota la provenienza francese. Vive con la madre e il fratello Gwendal di pochi anni più grande.
Dall’incipit “Non si è sicuro in nessun posto” si comprende la drammaticità del suo racconto. La casa a Romans-sur-Isère dovrebbe essere focolare, rifugio, ma come i peggiori incubi vi dimora il mostro. Un mostro ciccione. Ha i capelli lisci e scuri e la pelle bianca. Non l’ho mai trovata bella, anche se devo dire che non è neanche brutta. Il fatto che sia un po’ grassa però mi dà molto fastidio, perché io sono uno stecchino a confronto e lei mi odia anche per questo… (pag. 13).
A cinque anni Morwen ha il terrore di restare con lei. Per questo odia la domenica e prova una nausea profonda ogni volta che l’orologio rintocca l’ora dei pasti. Una parola apparentemente innocua e giù schiaffi e sculacciate. Nulla è risparmiato ai due bambini: volgarità, offese, botte. Tante botte. Un’infanzia trascorsa a giocare poco per non disturbare, ad evitare di essere troppo gioiosi per non subire punizioni.
In mezzo il rapporto con un fratello che non reagisce alle aggressioni e si sfoga provocandosi ferite sulle braccia o sul petto. Un legame complesso, privo di abbracci. Come se il terrore creasse un muro invisibile tra Morwen e Gwendal.


Intorno il silenzio di chi forse ha visto e non ha parlato. E questo è l’obiettivo del libro: scardinare l’indifferenza, scuotere le coscienze sopite. Com’è possibile voltarsi dall’altra parte di fronte a tanta violenza? Perché nessuno ha aiutato una madre con un palese disagio mentale?

Un interrogativo che, silente, accompagna ogni singola pagina. Un j’accuse potente che è il punto di forza di questo libro che non risparmia nulla, con un linguaggio diretto, estremamente crudo ma per questo efficace. Edulcorare una realtà intrisa di angoscia e brutalità non avrebbe avuto alcun senso.
Ema ce l’ha fatta, è sopravvissuta, ma è dovuta scappare a soli 15 anni. Un treno per Roma ha cambiato la sua vita, non senza pesanti cadute e difficili risalite. Ha rischiato di finire nel baratro e di perdere il fratello. Anni di distanza fisica ed emotiva con Gwendal, recuperati, da adulta, con commovente tenacia.
Difficile, se non impossibile, restare distaccati nella lettura. La storia di Ema Stockolma è di enorme impatto e aldilà della drammaticità degli eventi narrati, suscita non poche riflessioni su quello che ci circonda e che spesso, colpevolmente, viviamo come se appartenesse solo ed esclusivamente ad altri. Vi sono percorsi, invece, che implicano una responsabilità ben più ampia e, pertanto, richiedono una risposta collettiva.
Possiamo provare ad aiutare, con una domanda in più, un ascolto maggiore, e quando serve una segnalazione o una denuncia. E non aiuteremo solo il bambino, aiuteremo anche il genitore, una persona con problemi psichici, che deve essere fermato e se possibile curato. Come sarebbe dovuto succedere a mia madre. È per questo che ho voluto condividere la mia storia, per dirvi di non farvi i fatti vostri. (pag. 187)
In cerca di equilibri
Il Blog di Viviana Damiano


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