Ricordi di un Natale presente

Con noi la scrittrice Grazia Riggio, conosciamo i ricordi del Natale, non solo fonte di svago e piacere. Un piccolo testo, che fa conoscere, in profondità, una esperienza natalizia di oggi. Siamo in Italia, in Sicilia, precisamente a Messina, si sente la sensazione, il sentimento, la sensibilità, della festa.

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Ricordi di un Natale presente

Percorrevo il corridoio sfregandomi le mani per il freddo. L’odore del braciere che ardeva sotto al tavolo arrivava prima del calore concentrato nell’unica stanza adibita ad accoglierci. L’albero di Natale sopra al mobile sembrava dire: ci sono anch’io, ma non conto tanto. Il presepe, invece, ne occupava lo spazio restante e lui sì che attirava la mia attenzione. La mancanza di proporzioni fra i pastori e gli altri personaggi non mi disturbava affatto, incantata com’ero dalla parete rivestita di carta blu ricoperta di stelle. Non esisteva differenza fra grandi e piccoli, o fra nonni, zii e prozii, i cugini di qualunque grado erano cugini e basta. Non ho mai più rivissuto l’unione che si respirava in quella stanza, che oggi definiremmo piccola, ma che accoglieva più di venti persone attorno a un tavolo con le carte siciliane già pronte e i portamonete sistemati davanti al proprio posto. Da giorni mi impegnavo per raccogliere più soldi spicci possibili.

Trentuno, sette e mezzo, cucù; chiamo con cinquanta lire, con cento, ma che fai? Duecento lire è il massimo, non si gioca per vincere; presto che inizia la Messa, leviamo tutto che u Bambineddu sta pi nasciri. E dopo si dormiva in quattro in un letto matrimoniale, i più fortunati in due in un letto singolo, uno dalla testa e uno dai piedi.

Bordonaro, un rione del comune di Messina dove sono nati entrambi i miei genitori, mi ha regalato questi ricordi, le cui sensazioni sono incapace di trascrivere in pieno. Sto parlando di più di trent’anni fa, quando ogni piccola cosa era importante, quando non si cercava la perfezione, ma l’unione, quando i bambini si divertivano a far scoppiare i fiammiferi dentro al braciere, che serviva anche per cuocere le uova, e restavano a bocca aperta davanti alla Chiesa contornata di luci. Il freddo non si sentiva, era la notte di Natale, la più bella dell’anno, e avere il permesso di stare svegli fino a tardi faceva sentire grandi.

Le giocate a carte ci accompagnavano fino all’Epifania, un altro giorno che ricordo con commozione. Anche da grande ho assistito a u Pagghiaru, una tradizione che continua ancora oggi, pandemia permettendo; ho portato anche i miei figli, qualche anno fa, e mentre guardavo i loro occhi da bambini assistere alla gara, mi chiedevo se vivessero le stesse cose che vivevo io alla loro età. Il gioco consiste nell’arrampicarsi su un albero, più un capanno sospeso su un palo, in realtà, addobbato con rami, arance e ciambelle. Qualche concorrente non riesce neanche a salire, altri si accontentano di tirare gli addobbi al pubblico sottostante, solo il più caparbio vince raggiungendo la cima e afferrando la croce ricoperta di salsiccia; ma ciò che trovo ancora più divertente, oggi come all’ora, è il cavadduzzu e l’omu sarbaggiu, una battaglia inscenata fra un cavallo e un uomo armato di corazza, scudo, elmetto e lancia. Due volontari esperti nell’assecondare la danza al rumore degli spari, indossano delle strutture in legno ricoperte di petardi, che esplodono durante la danza. Vince chi fa esplodere l’ultimo colpo.

Oggi so che queste tradizioni esistono da centinaia di anni, che la battaglia appena descritta rappresenta la lotta fra il bene e il male, e so anche che tutti i paesi e le città, grandi o piccole che siano, lottano per non farsi sopraffare dalla quotidianità che spesso aberra eventi del genere. Quello che mi ricordo di allora era la gioia di essere lì, come l’anno prima, e come quello successivo, un punto fermo che aiutava la fantasia a viaggiare libera di vedere e immaginare anche quello che gli altri non vedevano.

Oggi è tutto diverso. Sono diversa io, è diversa la città, sono diverse le possibilità. Non so quanto contino le tradizioni, forse per qualcuno tanto, per altri meno, ma fino a quando esisterà un gruppo di persone, anche piccolo, che si riunirà davanti a qualcosa, che sia un pranzo di Natale, o l’accensione dell’albero della propria città, o ancora l’attesa di Babbo Natale o i volontari che preparano il cenone per i bisognosi, i ricordi continueranno a formarsi e la vita continuerà a scorrere, con un prima e un dopo che continuerà per sempre.

Foto natalizia della città di Messina scelta da Grazia Riggio

Pubblicato da cambiogiorno

Un progetto web concluso ed archivato

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