Continua lo Speciale dedicato,come ogni anno, al Natale. Oggi voglio ringraziare Teresa Tropiano per la grande disponibilità, per un racconto che va oltre al ” libro “, ci porta vicino alla gente, in modo umano, forte, ci collega con una bellissima parte della nostra Regione, che è la Puglia, parliamo della bellissima città di Monopoli, che per noi che abbiamo respirato il territorio barese, ci porta a ricordare, con interesse, come è vissuto il Natale, al Sud, anche se molti preferiscono venti più gelidi.

NATALE A MONOPOLI NEL 1980
Era l’8 dicembre 1980, festa dell’Immacolata Concezione.
A Monopoli l’usanza voleva si rispettasse questa data per dare inizio agli addobbi natalizi per le vie della città, nelle vetrine dei negozi e nelle proprie abitazioni.
Non a novembre, come negli ultimi tempi, ma a dicembre, si preparava l’albero di Natale e il presepe, rigorosamente l’8 dicembre, quasi come rispetto alla Madonna che doveva concepire il bambino Gesù.
Da questa data in poi era un continuo fermento per addobbare, preparare dolciumi e varie leccornie, da conservare per S. Lucia, 13 dicembre e l’approdo della Madonna della Madia, protettrice della città, il 16 dicembre, che veniva da mare con la zattera illuminata e trasportata da pescatori. Da allora fino a Natale era un corri corri per scegliere i regali di Natale da mettere sotto l’albero.
Le corse per andare a vedere il gigante albero di Natale tutto vero, l’abete addobbato al borgo (la piazza principale della città). Nel 1980 a Monopoli, così come in vari paesi d’Italia, c’era la Standa. Che gioia recarmi con mia madre, in quel posto magico e colorato! Entrando nella Standa, ricordo ancora l’emozione, quando con mamma sceglievo i regali per i miei fratellini, nel reparto dei giocattoli. Che profumo di bambole… così delicato che ancora tutt’ora lo ricordo benissimo. I soldi erano pochi, lavorava solo mio padre ed eravamo 5 figli, pertanto mamma doveva farli bastare per acquistare un giocattolo per ciascuno. Alle mie due sorelline, rigorosamente Ciccio Bello e Barbie. Ai miei fratellini, invece, le macchinine o il camion dei pompieri con la sirena. Ci si accontentava di poco ed eravamo felici!
Del mio regalo non ne conoscevo il contenuto se non la vigilia di Natale. Era quasi sempre un libro di fiabe o una musicassetta di canzoni italiane che amavo.
Nella Standa c’era un albero di Natale gigante superilluminato con le musichette natalizie ed io mi incantavo a guardarlo, estasiata.
Per le vie della città si aggiravano buffi “Babbo Natale” con sacchetti ricolmi di caramelle che offrivano ai bambini, con una carezza e un sorriso. E poi il presepe nella grotta giù alla villa di San Martino…che bel ricordo!
I personaggi erano tutti viventi e Gesù bambino era un neonato vero che allattava al seno della Madonna. S. Giuseppe realizzava sedie di paglia e panchetti di legno e si dava l’offerta ad ogni capanna del presepe. Le pecorelle erano vere così come il bue e l’asinello i quali mi sono rimasti impressi perché camminavano in giro per il parco e spaventati dalla folla, arretravano. L’angolo più incantevole era la panetteria ove il fornaio sfornava pane caldo e focaccine che offriva ai visitatori. Il sol ricordare queste dolcissime immagini mi fa emozionare e al contempo riflettere: quante cose sono cambiate da allora. Non esistevano centri commerciali ove oggi si spende e si spande denaro che nemmeno si possiede! Non esistevano sfarzose luminarie natalizie per le piazze e per i negozi. Oggi sono piuttosto droghe di luci, negli anni passati, invece, le luci erano nei nostri occhi illuminati dalla gioia, meravigliati nel guardarci intorno nel “sentire” l’atmosfera natalizia nell’essenza pura e nella semplicità!
Il Natale lo sentivamo tutti, profondamente, nel cuore.
Teresa Tropiano

NATALE IN FAMIGLIA
Vigilia di Natale, 24 dicembre del 1990
Mi ero sposata da poco ma le usanze si rispettavano!
Ci riunivamo, come ogni anno, a casa dei miei genitori. Non ricordo bene ma credo fossimo 30 persone: tutta la famiglia, fratelli, sorelle, cognati, cugini, zii, nonni… sì perché vivevano ancora i nonni!
Agli amici non era concesso partecipare alla cena della vigilia o al pranzo di Natale ma li aspettavamo dopo il grande raduno, a sera, per giocare a tombola o a carte.
L’odore della frittura era esagerato per casa! Si preparavano le pettole fritte e passate al miele o al vin cotto e le cartellate. La sera del 24
dicembre la cena era a base di pesce: crudo di mare con allievi, cozze nere, cozze pelose, noci, ostriche, gamberi, capitone o anguille arrostite o al sugo, gamberoni e baccalà fritto.
Dolci tipici locali a tutto andare e a concludere panettone e spumante, aspettando la mezzanotte. Il più piccolo di casa aveva il compito di deporre Gesù bambino nella capanna. Poi tombolata fino a tarda notte.
L’indomani era una tragedia. I nonni erano gli angeli del focolaio, gli assistenti capo in cucina, di immenso aiuto per noi tutti. Per il pranzo di Natale ci si accingeva a preparare teglie di cannelloni al sugo, lasagne o orecchiette al ragù, arrosti interi di vitello o di agnello. Il menù lo decidevano i “capo famiglia” e noi tutti ci si accontentava. Ci si sedeva a tavola alle ore 14.00 c.ca. attendendo la presenza di tutti i commensali con la trepidazione dei più piccoli che dovevano leggere la letterina di Natale nascosta sotto il piatto di mio padre e di mio nonno: i patriarchi, i quali elargivano denaro come premio. La gioia era immensa e l’emozione infinita, soprattutto per via del sottofondo delle canzoncine del Natale e dei canti pastorali. Questo era il Natale semplice e sentito.
Ci si alzava , se ci si alzava, a sera inoltrata!
Una vera e propria maratona gastronomica che si protraeva fino al giorno successivo, S. Stefano, in cui ci si adoperava a mangiare tutti gli avanzi e per concludere, le cime di rapa, per depurarci. I dolci e i panettoni ci accompagnavano per tutte le colazioni a seguire fino al Capodanno.
La bilancia era la protagonista delle feste: se la rideva a crepapelle!
Ma era così bello star a pancia in su anche con qualche chilo in più, a guardar le stelle…sazi e felici.
Teresa Tropiano

Poesie sul Natale di Teresa Tropiano
NATALE NEL CUORE
Magica atmosfera per le vie,
ovattata e dolcemente musicale,
quasi surreale
l’aria della città mia.
Le vetrine allestite a festa,
ammalianti,
invitano a spendere.
Disperata e impotente,
s’incanta la gente
che resta a guardare
e magari a sognare.
Abbaglianti le luci per strada
sembrano imitare
le stelle del cielo
ma l’effetto
non è certo lo stesso
sicchè le luminarie sfarzose
sono frutto
del nostro progresso.
Il Natale non è nelle cose.
Il Natale è in casa e nel cuore.
Il Natale non è
ricevere un “dono”
ma è umiltà, amore, perdono.
Il Natale è in un piccolo gesto,
non è il contenuto del cesto
ma è un abbraccio,
una stretta di mano,
un saluto cordiale
a un parente lontano.
È un aiuto a chi ne ha bisogno
aiutandolo a vivere un sogno.
Per un giorno,
un giorno soltanto,
per la gioia
che al cuor fa ritorno.
TERESA TROPIANO
È consigliata la lettura ai bambini
e alle anime pure❤
BABBO NATALE
Quanta strada mi tocca fare…
dal polo nord al regno astrale!
Il mio sacco è un pò pesante.
È una zavorra, un gran fardello.
Ma non mi pesa il contenuto,
nè il percorso lungo ed impervio.
Mi pesa il dolore di ogni fratello,
quello che grava
sul mio volto barbuto.
Voi lo vedete?
È un ghigno appena…
Devo sorridere,
per circostanza
se per la via incontro
egoisti,
ladri, assassini e criminali.
Non è il cammino,
nè la distanza
che rende fiacco
il mio respiro.
Sono gli affanni del mondo intero.
Sono i dolori degli ammalati.
Le sofferenze degli uomini soli.
L’ira, il rancore e la violenza.
L’avidità e l’emarginazione.
Ora scusate se mi riposo.
Devo far carico di tutto il male
e sostituirlo con tanto bene.
Col grande aiuto
delle mie renne
consegno a tutti
un gran bel dono.
Un pacchettino
di egual misura
pieno di amore
e di perdono.
TERESA TROPIANO

DETTI SULLA FESTA DEL VINO
Da novembre a dicembre
APRI PORTA AL NATALE
Acquènne â demmène te j-alze ‘mbrïèche, fàtte ‘n-n’âlde bucchire, i t-te sinde arrecrïète
(quando la mattina ti levi ubriaco, fatti un altro bicchiere e ti senti rinato)
A s-sa’ M-martìne; j-ísse i cècere ‘nzjme au cuppùne
(A S. Martino; tira fuori i ceci e il coppino)
Pène, cepàdde i m – mire: tàvle dē cavallíre
(pane, cipolla e vino: tavola da cavalieri)
Ce vu cambè dē patetèrne, ha vulê b–béne au mire i alla tēvèrne
(se vuoi vivere da padreterno, vorrai bene al vino e alla taverna)
U mire j–ê u làtte di vicchje
(il vino è il latte dei vecchi)
U mire ēmère, tìnele chère
(il vino amaro, conservalo caro)
Mìre, fèmmene i f–fùche: schènzèle, accónne pùte
(vino, donne e fuoco: scansali quanto più puoi)
Físte, maletímbe e f – frastíre … j–índ ‘ ã candìne
(feste, cattivo tempo ed ospiti… in cantina)
Mire tramutète: quērèndē de″ malète
(vino travasato: per quaranta giorni malato)
Ce u candeníre sté ‘nnènd’â pàrte, u mire ha f-fàtte ēcìte
(se l’oste sta innanzi alla porta il suo vino è diventato aceto)
Àcce zàppe â végne, vêve all’àcque; àcce â pote, se fòtte u mire
(chi zappa la vigna, beve l’acqua; chi la pota tracanna vino)
Mire b-bùne mètte sènghe
(vino buono si muta in sangue)
Detti in vernacolo monopolitano di Antonio D’ Arienzo

In conclusione vediamo anche il Natale a Monopoli in cucina, con delle fotografie, per le quali ringraziamo Teresa, ai nostri occhi arriva, non solo il ricordo della nostra cara autrice, arriva anche il sapore, l’odore, del cibo che abbiamo a cuore, che è il tempo d’amore per il Natale.

Come vedete salta subito agli occhi la caratteristica del piatto tipicamente pugliese.

Il giorno di Natale si fa bello e ci colpisce con la sua cucina.

Con questi miei ricordi lascio a voi lettori un augurio di buon Natale
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Natale a Monopoli
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