Lavorare nello sport più popolare come il Calcio è impegnativo. Come è essere donna nel calcio di oggi ?
Essere donna nel nostro mondo è difficile, lo è ancora di più nel calcio che è considerato ancora oggi uno sport maschile (in Italia). Mi sono successi diversi episodi in tutto questo tempo…ad esempio, Un giorno mi è stato chiesto dal responsabile della mia società di palleggiare ogni tanto in campo per far vedere ai genitori che ero capace di giocare a calcio….oppure un’altra volta un genitore ha chiesto al responsabile “perché proprio a mio figlio è capitata una donna?”
Hai giocato in diverse squadre nella massima serie femminile, cosa porti con te come esperienza sia di gioco, che di relazioni umane ?
Il calcio giocato mi ha dato tantissimo. Mi ha aiutato a costruire relazioni umane, a capire l’importanza delle relazioni stesse, a cercare di trarre la positività da tutto quello che mi accadeva sia di bello che di brutto. Le amicizie più importanti che ho sono ancora quelle di quando giocavo a calcio da piccola. Il calcio mi ha aiutato nell’arte dell’organizzazione: giocare e studiare non è stato semplice perché uscivo da scuola e correvo a calcio, poi tornavo la sera tardi. Studiavo in macchina, sul treno…sono stata costretta ad organizzarmi ma se non ci fosse stato il calcio probabilmente non sarei mai riuscita a crescere da questo punto di vista. Inoltre, ho avuto la grande fortuna di viaggiare in tante città e anche questo ha arricchito la mia anima
Il calcio femminile ha anche un’attività internazionale. Quali sono le nazioni ove si è sviluppato di più ?
Oramai in quasi tutte il calcio femminile è decollato: Stati Uniti, Germania, Inghilterra, Francia…..sono stati creati progetti seri tra Federazioni, scuole e società. È così che si dovrebbe fare anche in Italia, costruire una rete formativa tra soggetti che operano in campo educativo. Ho giocato in Canada e là il calcio è uno sport “da donne”, perché i ragazzi fanno baseball, hockey, basket…
Ai giovani viene chiesto di crescere a livello tecnico spesso, secondo te, quale è la prima cosa che deve curare un responsabile tecnico del settore giovanile ?
La prima cosa che si deve curare è la relazione. Se la relazione è positiva allora migliora anche l’aspetto tecnico. Come a scuola, la materia che piace di più di solito è quella dove c’è l’insegnante che più ci piace. Inoltre, ci deve essere una programmazione tecnica che rispetti la psicologia dello sviluppo. Ogni gesto tecnico è legato ad un’età.
Progetti per il futuro ?
Ne ho tantissimi, forse troppi, dovrei mettere un po’ di Ordine! Però la mia priorità attuale rimane quella di lavorare su me stessa. Formarmi, informarmi, confrontarmi, riflettere…ho capito, con il tempo, che non si può prescindere da un allenamento e una formazione personale prima di confrontarsi con gli altri, soprattutto quando si ha a che fare con i bambini. Tutto quello che ci accade dipende da noi.
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